sabato 25 aprile 2015

"Homo sum, humani nihil a me alienum puto".
"Sono un essere umano, non ritengo a me estraneo nulla di umano", che in parole semplice è: nulla di ciò che è umano mi è estraneo.
Questo lo diceva Publio Terenzio Afro, commediografo cartaginese, arrivato a Roma negli anni 166 / 160 a. C.
 La caratteristica di questo autore è la sua humanitas nelle sue opere, volte a considerare il rispetto nei confronti di ogni essere umano.
Questa frase, così antica citando la sua origine, si è perpetuata nei secoli e nella storia.
E' stata usata molte volte, adottata nelle varie campagne in difesa dei diritti umani, presa in prestito nei convegni, citata da scrittori, giornalisti, da chiunque riconosca il valore e l'importanza del messaggio che esprime.
E' bella questa frase, è "santa" questa frase, è da stampare come promemoria nelle vene che attraversano il cuore: "nulla di ciò che è umano mi è estraneo".
Le morti avvenute nel mar Mediterraneo sono arrivate anche qui, sono arrivate nelle notizie di un telegiornale serale, notizie dall'estero, paese Italia.
Italia, così lontana, ma così vicina nei pensieri.
Che infinita tristezza sentire quello che è accaduto, che accade. Tante Vite perse in un viaggio della speranza. Gino Strada in una intervista diceva che quando muore una persona nel mondo, a causa di una ingiustizia, è una perdita per l'umanità intera. Una perdita e un lutto per tutti. Tutti perdiamo in queste tragedie, perdiamo esseri umani, perdiamo vite che non abbiamo saputo "difendere" e "proteggere". Ci sono meccanismi sociali, politici, economici che permettono che tutto ciò avvenga e la cosa più triste e dolorosa è l'indifferenza che chiude le vene dove poter far scorrere quel promemoria che attraversa il cuore: nulla di ciò che è umano mi è estraneo.
Ognuno di noi ha una responsabilità in questo mondo, anche su cose che in apparenza ci sembrano così lontane, ci sembrano appartenere agli Altri, in realtà appartengono a tutti.
L'interdipendenza mondiale ci ha portato e ci porta a sapere e a vivere in connessione con il mondo, a partecipare direttamente e indirettamente a quei meccanismi che muovono persone, cose, azioni, politica, commercio, per questo abbiamo una responsabilità e se per alcuni non è quella civile, sociale, di denuncia, di presa di posizione in questo mondo, almeno che sia la responsabilità del cuore, che nasce dal sentirsi prossimo ad ogni vita umana, ad ogni vita su questa terra.
Mi piacerebbe unire la mia preghiera leggendo i nomi di tutte quelle persone che giacciono in fondo al mare, leggere ad alta voce, per far risuonare forte ogni singola lettera che compone quel nome.
Così come mi piacerebbe ogni volta, nelle mie preghiere, ricordare altri nomi, altre storie, altre vite, perse a causa di ingiustizie che macchiano di orrore questo mondo.
Perché non sono numeri, non sono cose, non sono stranieri, non sono altro, sono persone, sono umanità, siamo noi umanità, siamo esseri umani.
Nulla di ciò che è umano ci è estraneo.


Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale
e sia benedetto il tuo fondale
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
pescatori usciti nella notte
le loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati

Mare nostro che non sei nei cieli
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva di vendemmia,
Che abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le riabbassi a tappeto
custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale
fai da autunno per loro
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte
di padre e di madre prima di partire
ERRI DE LUCA





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