martedì 29 settembre 2015

Tortura e Encarceramento em Massa no Brasil 2015


Caramante

Spesso la tortura è strumento inerente al sistema carcerario.
Le precarie condizioni di vita dei detenuti (di alcuni detenuti in alcune strutture penitenziarie) con problemi di sovraffollamento, scarse condizioni igieniche, uso della violenza, sono vere e proprie torture che violano l'integrità e la dignità umana. La maggior parte dei detenuti appartiene alle fasce più povere e vulnerabili della popolazione, provenienti da favelas o quartieri periferici, luoghi di marginalizzazione sociale ed esistenziale, periferie del mondo e della storia.
L'incarceramento in massa in Brasile sta popolando le prigioni di persone e sottolineo la parola persone, perché non è così che un detenuto viene considerato in queste strutture, che rischiano di passare anni senza un regolare processo o in attesa di un processo, con avvocati pubblici che dopo avere preso i soldi dalle famiglie abbandonano la causa e diventano inesistenti, si defilano.
Ho conosciuto famiglie che cercano in tutti i modi di racimolare soldi per pagare avvocati che possano difendere un loro familiare incarcerato e sono famiglie non certo benestanti, famiglie che non possono permettersi costi elevati... famiglie che non possono.
Chi può permettersi una buona difesa può anche permettersi di accorciare i tempi e benefici, chi non può (la maggioranza) vive di attese che diventano giorni, mesi, anni.
E in questi anni convivono con una rieducazione e socializzazione fantasma, in una struttura che molte volte è porta per l'inferno, dormendo per terra, dividendo pezzetti di area malsana, bagni senza vasi sanitari, spazi sempre più ristrette e violenze (fisiche e psicologiche).
Le violenze sono sia da parte del sistema carcerario sia da parte degli stessi detenuti contro altri detenuti, perché anche in carcere i regolamenti di conti non finiscono.
Umanizzare le carceri è possibile, è un dovere da parte dello Stato.
 Se si vuole puntare sulla rieducazione, recuperazione bisogna migliorare le condizioni di vita dei carcerati, rispettando quei diritti fondamentali che non si perdono dietro a una grata .
Al Ceresp femminile dove vado i casi di sovraffollamento sono in aumento, nel mio post precedente ho scritto come in alcune celle le ragazze camminano sopra materassi, rischiando di schiacciare chi ci dorme sopra, così come nei padiglioni dell 'Anexo alla NH, celle di 7/8 persone ne contengono 16/18.
E gli spazi sono piccoli e mal odoranti, bui e sporchi.
Le celle di punizione sono senza luce e acqua e solo un materasso per dormire per terra e a volte neanche quello.
La Pastorale Carceraria Nazionale ha realizzato un video che denuncia una carcerazione in massa basata sulla tortura come politica di stato.
E' in portoghese, ma le immagini parlano chiaro.





venerdì 25 settembre 2015

Che sapore meraviglioso che ha la libertà!
Che gusto inesplicabile, ma di gioia inconfondibile, pura e leggera!
Libertà, non c'è cosa più bella che riassaporarla dopo che la si era persa!
Riassaporare il gusto di sentirsi liberi, anche se solo per un frammento.
Camminare a lunga distanza, uscendo da perimetri delimitati da sbarre, muri, porte di ferro.
Incontrare i visi della gente, ascoltare i loro discorsi, ascoltare dialoghi che non appartengono più alla televisione.
Toccare spazi, luoghi, oggetti, persone, toccare tutto quello che si era abbandonato tempo addietro.
Guardare il cielo non più da un buco della serratura e riscoprire, così, la sua infinita bellezza.

Queste sono le sensazioni di chi sta iniziando il regime aperto, dopo che per anni è stato in un regime chiuso. Il regime aperto ti da la possibilità di svolgere un lavoro fuori dalla prigione, per poi la sera ritornare in carcere.
Entrando e uscendo da strutture carcerarie, come la NH, come il Ceresp, come anche l'APAC sto provando ad immaginare, "sentire", capire che cosa veramente significa ritornare a gustare quello che si era perso. Ritornare a riabbracciare la Vita.
E lo vivo con chi in questi giorni lo sta facendo di persona, con chi ha raggiunto la tappa del regime aperto. Come questa mattina.
 Ero in Itauna, per il mio incontro quindicinale in APAC femminile.
Mentre ero alla fermata dell'autobus vedo dal lato opposto della strada due braccia sventolarsi nell'aria con cenni di saluti, io ancora addormentata (prendo un autobus alle 4.20 del mattino per cercare di essere alle 8 in APAC....le distanze "infinite" di chi si muove con gli autobus!) non riuscivo a capire per chi erano quelle attenzioni, se non, man mano che la persona si avvicinava, riconoscerla nel suo sorriso. Meraviglia! Era M. detenuta dell' APAC femminile che andava a lavorare. Finalmente ha guadagnato la sua libertà provvisoria. M. ha sempre partecipato ai miei/nostri incontri di valorizzazione umana e sempre scambiavamo delle gran chiacchere. Bella sorpresa!
L'ho conosciuta che era nel regime chiuso, poi l'ho ritrovata nel regime semi aperto, ora è passata in quello aperto, ora può uscire! Sono tappe, che in un certo senso, vivi con alcune/i detenuti, tappe dove impari a conoscere emozioni legate a momenti particolari della Vita e a ri-gustare il senso di questa Vita. Non vi dico che gioia c'era nel suo sorriso, pura gioia.
E così ci sono momenti che prendi un pò di questa gioia, pensi a quella libertà, al suo sapore spettacolare e a come cose che diamo per scontate sono in realtà di un valore inestimabile.
Pura gioia!

...penso a V., ai suoi 20 anni passati in prigione nel regime chiuso nella NH e ora in quello aperto, ma in un'altra prigione, in un'altra città.
Non ho fatto in tempo a salutarlo, è stata una sorpresa sapere che non c'era più.
Ma provo a immaginare quello che sta provando, quel guardare il cielo non più dal buco di una serratura.


ricomincio.....



Il mio corso di italiano al Cecom sta procedendo, per ora sta resistendo il gruppo formato da tredici persone, dai 14 ai 22 anni. Sta partecipando anche una famiglia, padre, madre e bimba di 11 anni.
Chiaro non è un corso professionale, (io professora? figurati, certo che no!), ma mi piace come già avevo scritto in precedenza, questo desiderio di imparare, di conoscere, di "crescere", di avere curiosità, obiettivi. Quello che cerco di fare nei nostri incontri è condividere culture diverse, quella del mio paese e quella del Minas Gerais. Scambiare informazioni, modi di vedere le cose, attraverso la cultura (immagini, musica, parole, modi di fare). Loro mi aiutano con il portoghese, io aiuto loro con l'italiano. Mi diverto vedere le loro espressioni quando inizio a parlare rapido in italiano e loro si divertono a sentire il mio portoghese e l'accento che viene fuori. Quando ci si diverte è bello anche stare! Problema è quando c'è da studiare le regole grammaticale!!!
Lì ci si diverte poco!
Andiamo avanti....







martedì 22 settembre 2015



"Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso". 
Questo diceva Nelson Mandela, in una frase che racchiude la forza dei sogni, la tenacia nel perseguirli, il coraggio di metterli in pratica. Grande maestro, grande testimone di vita, profeta di un cambiamento che ha rivoluzionato la storia di un popolo e di una nazione, esempio per il mondo intero. In questo periodo la figura di Mandela è continuamente presente nei miei giorni, sia perché sto leggendo un libro che parla di lui dal titolo: I cammini di Mandela, lezioni di vita, amore e coraggio, sia perché alcuni detenuti della NH hanno realizzato una piccola rappresentazione teatrale sulla sua vita. E ancora, mi è capitato per caso, di sfogliare un vecchio giornale e trovare un articolo che parlava di lui e del significato della parola UBUNTU (io sono perché noi siamo), citata molte volte da Mandela nelle sue interviste per spiegare la cultura africana.
In questi mesi Mandela ha accompagnato i miei giorni.
La rappresentazione teatrale è stata bella, semplice, con tanta emozione e timidezza da parte degli attori, ma ben riuscita e importante. Molti detenuti, mi ha raccontato Sergio (detenuto che ha interpretato Mandela) non erano a conoscenza della storia di Nelson, del concetto di Apartaid e del cammino di emancipazione del Sudafrica. E' stata una vera e propria denuncia, marcata scenograficamente, contro tutti i razzismi e le segregazioni razziali che offendono e ledono le persone, che calpestano diritti sacrosanti e universali. Mandela è stato ispiratore di questo gruppo di attori della Nelson Hungria, alle prese con un'attività teatrale ancora in crescita e in fase di perfezionamento, ma che ha tutto il sapore di un momento di libertà, di creatività, di autostima personale volto a valorizzare chi vive dietro una grata. 
UBUNTU!!

"La nostra paura più profonda non è essere inadeguati.
La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite.
E' la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più.
Ci domandiamo: Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?
In realtà chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo.
Non c'è nulla di illuminato nello sminuire se stessi, 
cosicchè gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi.
E' quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, che inconsapevolmente diamo agli altri
la possibilità di fare lo stesso.
E' quando ci liberiamo delle nostre paure,
che la nostra presenza automaticamente libera gli altri".
Nelson Mandela


Oggi ho scoperto durante la mia visita alla NH, che V.  un detenuto che conosco, è andato via, in un'altra prigione dove c'è il regime semi aperto. 
V. ora potrà lavorare fuori e tornare in cella solo per dormire. 
Sono contenta per lui, dopo anni passati in un carcere di massima sicurezza, in un carcere come la NH. Una nuova tappa raggiunta, una nuova fase della vita da ricominciare. Contenta, ma con un filo di tristezza, perché so che non avrò più occasione di vederlo...certo meglio così...ma ti ci affezioni alle persone, ti ci affezioni ad alcune persone e alle loro storie. 
Per me era un pò un gigante buono, con una stazza ben robusta e un cuore da scoprire, leale e sincero. I miei occhi hanno imparato a guardare al di là dei giudizi della gente, un detenuto non è solo la somma dei crimini che ha commesso, delle etichette che si porta dietro. Un detenuto è soprattutto un uomo e la sua storia, triste e complicata che sia, dura e pesante che sia, carica di tagli e di cuciture, carica di tante cose, fatte non solo di male. Se raccontassi alcune storie che incontro, molti urlerebbero: alla ghigliottina!....ma solamente perché non sono abituati a saper guardare con altri occhi, a saper leggere oltre le righe, oltre le etichette, oltre al giudizio. Le vite delle persone devono essere conosciute, devono essere incontrate e capite, anche attraversando quel lato oscuro che mette paura. 
Spero che V. possa tenere presente nella memoria le nostre chiaccherate e tutte le volte che gli dicevo che aveva un cuore buono. 
Mi mancherà.

E' quando qualcuno crede in te che inizia il cambiamento!  



Al Ceresp femminile di Belo Horizonte la situazione sta diventando critica. Una struttura che ospita  110 detenute ne sta contenendo 185. Alcune celle sono strapiene, le donne/ragazze non riescono neanche a camminare se non passare sopra materassi ammassati nel pavimento. Molte sono sotto medicamento farmacologico, perché dipendenti da droga, quasi tutte con alle spalle una vita vissuta per strada, fatta di prostituzione ed espedienti per sopravvivere. Quando entrano in carcere smettono di colpo e l'ansietà, il nervosismo, l'astinenza aumentano. I loro corpi sono consumati dalla violenza fisica e psichica subita negli anni e dall'alcool e droga assunti con regolarità. Sono donne/ragazze molto dure, mascoline nei tratti e negli atteggiamenti, con una spavalderia che ti spiazza, ma che di certo non mi e ci ferma nel continuare i nostri incontri e visite. Gli agenti penitenziari ci hanno confermato che il sovraffollamento è momentaneo, molte sono in attesa della sentenza giuridica per essere trasferite in una prigione definitiva o lasciate in libertà. L'ansia è palpabile in queste donne/ragazze che aspettano di sapere che cosa sarà. Addirittura alcune chiedono di benedire le carte processuali per avere un esito positivo. Ci sono lacrime, ci sono urla di rabbia che accompagnano queste lunghe e difficili attese. 
















lunedì 14 settembre 2015

Una volta ho scritto ad un amico che mi stavo abituando alla morte, non solo al suo concetto, ma anche alla sua fisicità, al suo dolore e conseguenze.
Si vivono diverse tipi di morte qui, quelle morti causate da omicidi per regolamenti di conti, dove infelicemente ascolti lo sparo che segnerà la fine di un respiro, di un battito, nel buio della notte o vergognosamente nel centro di una strada affollata. Una prassi con la quale convivi, con tutto il peso di una quotidianità crudele e assurda.
E ci sono morti dove partecipi con i familiari, per l'ultimo saluto, in un velorio (veglia funebre).
E' il nono velorio a cui partecipo da quando sono qui, per questo dico che mi sto abituando a "sorella morte" e a quel cimitero di Contagem freddo e grigio, anche quando splende il sole.  
Oggi e' stato veramente triste, ho partecipato al velorio di una persona che faceva parte di una famiglia molto legata ai laici missionari Comboniani. Lei si chiamava Romana e aveva solo 44 anni, un tumore al fegato, scoperto per caso, un tumore che le ha concesso solo due mesi di vita, due mesi di calvario in un ospedale senza via di uscita.
Conosciamo bene la sua famiglia, le sorelle e i nipoti che partecipano nella Comunità di Ipe Amarelo, che frequentano la nostra casa e che sono legati in amicizia ai lmc.
E' stata dura raccogliere le loro lacrime e vivere il loro dolore, non hai parole, non ci sono parole, solo gesti legati ad un abbraccio e ad una carezza. 
L'ultima immagine che ho di Romana e' legata al circolo biblico fatto nella sua casa, due mesi fa.
Un momento di condivisione bella, semplice e importante. 
Questa immagine è quella che lascerò  dominare dentro ai miei ricordi, tirando quella di oggi, quella di un corpo gonfio e sofferto dentro una bara. 
In queste periferie convivi con il dolore, ci sei dentro, volontariamente o involontariamente, ma ci sei e ci stai e credo che quel CI STAI sia importante...stare nelle cose. Lourdes, a volte, in alcune nostre chiacchere mi dice che quando tornerò a casa non sarò più la stessa persona, perchè la missione ti cambia. Quello che vivi, quello che senti, quello che fai, come lo fai, ti trasforma se e solo se ti lascerai trasformare. Sono quasi due anni che mi lascio trasformare, che cerco di lasciarmi trasformare, in un cammino (a piedi nudi) pieno di tante cose: gioie, dolori, solitudini, cambiamenti, resistenze, dialoghi, punti di domanda, dubbi, scontri, incontri, fede, forza, bellezza, scoperta.....VITA.
Non e' facile rivoluzionarsi continuamente, non è facile tentare di avere sempre le spalle forti, non è facile convivere con cose che non trovi giuste, non è facile dialogare con punti di vista diversi, non è facile contenere tutta quella vulnerabilità che ti tocca il cuore......
ma quando sai che ti metti in cammino, quando sai perchè ti metti in cammino, allora impari anche ad affrontare le cose e a vivere tutto quello che incontri, lasciandoti trasformare.
Audacia e tenacia (parole care al Comboni) nel cammino con quella tenerezza che scalda il cuore e che è motore dei miei passi.
Amo la VITA e quel MISTERO che la racchiude, per questo continua a camminare.


...le luci ti guideranno a casa
e accenderanno le tue ossa
e io proverò a consolarti.

domenica 6 settembre 2015

Si sono iscritti in 21, ma ieri erano in 13.
13 ragazze e ragazzi che hanno iniziato aula di italiano con me.
Si', perche' mi sono lanciata anche in questa impresa.
Ieri ho iniziato a dare lezioni di lingua italiana come volontaria al centro Educativo Comunitario CECOM, qui in Nova Contagem.
 I ragazzi che frequentano il corso hanno un'eta' che va dai 14 ai 22 anni e sono interessati a imparare l'italiano.
Chissa' perche' l'italiano e' piu' simpatico della lingua inglese, quando invece e' piu' importante la seconda, ma quello che conta e' avere voglia di conoscere qualche lingua, avere voglia di imparare, avere voglia di progettarsi in qualcosa di positivo.
E' importante in questo luogo di periferia dove le aspettative di vita sono scarse, deboli e soggiogate da una realta' violenta che impone il coprifuoco per non rischiare di essere ammazzati.
Alcuni ragazzi che sono mancati ieri dei 21 iscritti, si sono giustificati proprio perche' la situazione in alcuni quartieri resta tesa e alcune mamme hanno preferito che la propria figlia o figlio non uscisse di casa. Io stessa avevo il dubbio se spostare la lezione o meno, perche' l'orario e' serale dalle 19 alle 20.30 e dopo i fatti accaduti in questi giorni, vendette tra gangs, il rischio e' sempre molto alto, ma mi hanno confermato che la situazione si sta regolarizzando....pare!
E cosi' ieri sera abbiamo iniziato, con molta emozione da parte mia (non so se sono all'altezza della situazione) e curiosita' da parte dei partecipanti. Vedremo come va, perche' e' abitudine, qui, che si iscrivono in tanti e poi nel corso del tempo lasciano. E' successo con francese e inglese, dove da 15 persone ne sono rimaste tre e due.
Ma partiamo, iniziamo, camminiamo e vediamo....camminiamo senza avere paura.



ASCOLTARE, bellissmo verbo che racchiude un bellissimo significato.
Udire e' un cosa, ascoltare e' un'altra cosa ancora. Molti sanno udire, ma in pochi sanno ascoltare.
Bisognerebbe imparare ad ascoltare, creare officine dell'ascolto, insegnare a come saper ascoltare.
Ascoltare e' prestare attenzione all'altro, prendersi cura dell'altro, valorizzare quello che sta comunicando, con le parole, con i gesti, le emozioni. Ascoltare e' un'arte, un'arte del sapersi incontrare e del volersi incontrare.
Mi sto rendendo conto che quando manca questo verbo, e' un vero disastro.
Le parole se ne vanno a zonzo uscendo da linee di pensiero unilaterali, come frecce lanciate verso una sola direzione, non sanno incontrarsi e riconoscersi in altre direzioni o in altre traiettorie.
Le orecchie, poi, sono cosi' maledettamente concentrate dal dominio del proprio EGO, che come dire:"il mio pensiero prima di tutto", sanno udire, ma non ascoltare.
Mi e' capitato tante volte di partecipare ad incontri dove le persone si parlavano una sopra l'altra, parlavano senza ascoltarsi, si udivano, ma non si capivano. Cosi' come mi e' capitato di trovarmi di fronte a quelle frecce unilaterali che non sapevano cambiare direzione, cieche volanti alla ricerca di un cieco bersaglio. Parliamo avendo gia' in mente quello che dobbiamo dire, ascoltiamo i nostri pensieri e non quelli degli altri. Ed e' veramente un disastro, una comunicazione fantasma!
Molte incomprensioni nascono proprio dal non saper ascoltare, dal non sapere ascoltarsi.
Monologhi dell'Io camuffati da falsi dialoghi.
Quando mi accorgo di come sono importantissimi certi verbi e di come e' triste quando questi non sono vissuti nella pratica, una cosa penso, una soltanto: migliorare.
Imparare ad essere una persona migliore.
L'attenzione assolutamente pura e' preghiera
(Simone Weil)


In questi giorni di coprifuoco e di violenze mi e' venuta in mente questa canzone dei Mano Negra: Senor Matanza. Una piccola denuncia ritmata latinoamericana, una denuncia a tutti quei prepotenti Senor Matanza che esistono nel mondo e in particolare in queste periferie di mondo, che impongono la violenza come legge del piu' forte, quando in realta' e' solo il piu' debole.
Non abbiamo paura del Senor Matanza!

mercoledì 2 settembre 2015

 La situazione sta diventando pesante, molto pesante.
Ancora toque de recolher, ancora coprifuoco. Sconsigliato uscire dopo le 20 di sera.
Tutti gli incontri in questa settimana, a partire dalle 19.30, sono stati cancellati.
Niente incontro Comunitario, oggi, in Ipe Amarelo o ieri nel bairro Nossa Senhora das Graças o in altri barrios. Gli stessi padri Comboniani vengono avvisati di rinviare gli incontri serali, perche' troppo rischioso uscire, troppo.
Sta succedendo una vera e propria "guerra" tra gangs, una continua mattanza per il monopolio del traffico di droga, regolmento di conti e vendette personali. Questa settimana sono morte una decina persone, tra cui innocenti per colpa di un proiettile vagante (bala perdida).
Le strade alla sera sono deserte, in una atmosfera cupa e buia che dipinge la notte di tristi presagi, c'e' un silenzio che spaventa e che mette ansia.
Ho imparato a riconoscerlo questo silenzio, che non e' di pace, ma e' carico di guerra.
 Oggi i bambini della scuola sono stati fatti uscire prima del previsto e questa sera la scuola serale di Ipe Amarelo (bairro dove vivo) e' rimasta chiusa. Quando si decide di ammazzare, si ammazza, non importa chi incontri per strada e se colpisci per sbaglio qualcuno, non importa se e' un bambino, un donna, un giovane. E puo' succedere  che chi ammazza non ha semplicemente una pistola, ma un mitragliatore. Ecco perche' veniamo avvisati, ecco perche' e' decisamente sconsigliato trovarsi per strada in determinati orari. Chi ha ammazzato l'altro giorno e' stato un ragazzo di 15 anni e chi muore non supera i 30 anni.
Il nostro bairro e' dentro questa guerra ed e' avvolto da questo silenzio.
Se piu' di un anno fa vivevo tutto ingenuamente, perche' non ero abituata a certi discorsi e visioni, ora la preoccupazione e l'amarezza si fa sentire. La situazione e' peggiorata e sta peggiorando. Nova Contagem sta tornando all'etichetta di luogo maledetto, dove gli omicidi sono pane quotidiano e dove la vita ha il valore di un soffio che vola via.
Pesante tutto questo.