lunedì 28 dicembre 2015

domenica 27 dicembre 2015

Dicembre


Mi piace questa foto, anche se non è perfetta.....ma noi non siamo perfetti, per questo siamo BELLI!!!
Sono le nostre imperfezioni a dare quel tocco di originalità che ci rende speciali.
 Imperfezioni fisiche, caratteriali, personali: NOI con le nostre piccoli e grandi storie.
Questo è il gruppetto di Espaço Esperança, nel giorno di chiusura per la pausa estiva/natalizia (Natale qui cade in estate, nei mesi estivi!). 
Dicembre è il mese delle confraternizaçãos, delle feste per dirsi Grazie, per dirsi Arrivederci e per fare un piccolo bilancio prima di iniziare il nuovo anno.
Anche il nostro piccolo gruppetto ha voluto dirsi Grazie con la voglia di ritornare a febbraio, mese in cui si riapre (gennaio è periodo di ferie). 
Nonostante le difficoltà andiamo avanti, in un bairro carico di molta violenza e traffico di droga.
Ci siamo, restiamo e resistiamo fino a quando le nostre condizioni ce lo permetteranno. Io e Lucilene siamo le uniche due volontarie.
Il mercoledì pomeriggio è l'appuntamento fisso con il nostro gruppetto di artigianato, fatto di adolescenti, bambini con situazioni familiari difficili, alla ricerca di un posto dove imparare, inventare, creare, socializzare, stare!

Dicembre.....
è messa di Natale alla penitenziaria NH, luogo che è diventato per me una seconda Comunità.
Celebrare il Natale con i detenuti è celebrare il Natale della giustizia, del perdono, della Misericordia, dell'inclusione, della Vita che non smette di esistere dietro una grata, di una Vita che sa e può rinnovarsi. Quel Bambino che si aspetta in quella notte è un Bambino che arriva per tutti, nessuno escluso, ogni cuore è una "mangiatoia" pronto ad aspettarlo.









Dicembre....
è la Novena fatta nella nostra Comunità del bairro di Ipe Amarelo.
Un incontrarsi per riflettere insieme sul significato del Natale, nella nostra vita, nella nostra Comunità. Un 25 dicembre che è solo un giorno o quel giorno si moltiplica nei miei giorni?
Il nostro bairro è un bairro povero, costituito da gente semplice e di grande vulnerabilità, in una periferia di mondo fatta di violenza, povertà, esclusione. Ma anche qui si trovano le luci di Natale sistemate in qualche modo su muri di mattoni e cemento e brillano che è un piacere nell'oscurità della notte...brillano di più che nel centro della città.
Questa Comunità, poi, mi ha fatto un gran regalo....perché dicembre è anche il mio compleanno.....una serenata inaspettata per festeggiarmi, una serenata dopo il nostro incontro di novena. Una bella e meravigliosa sorpresa. E' proprio vero che i doni materiali non hanno nessun sapore, ne valore rispetto ai doni del cuore e alla bellezza dei semplici gesti, fatti di gratitudine.
Straordinaria emozione!







Dicembre.....
è la bellezza del Natale e di quel Mistero che continua a camminare con noi.
Che i nostri cuori possano essere davvero una mangiatoia capace di accogliere con allegria e amore quel Bambino che ogni anno non si stanca mai di incarnarsi in questo mondo.

                                                                       Feliz Natal


Dicembre.....
è la fine dell'anno. 
Tutti con lo sguardo all'insù, verso quei sogni e speranze che si accendono con i fuochi d'artificio,.
Per me sarà l'inizio di una nuova tappa, la terza, il mio terzo anno in missione.
Mi sembra ieri che iniziavo a scrivere su questo taccuino digitale, ma poi riflettendoci bene mi accorgo che non è così. I due anni trascorsi si sentono, sulle spalle, un poco più curve, sui miei piedi, un poco ammaccati, sul mio volto, con qualche ruga in più, sui miei pensieri, carichi di tante emozioni e scoperte, belle e meno belle. Ora vado aggiungere il terzo anno e anch'io con il mio sguardo all'insù carico di speranze e attese. Il 2015 è stato un anno importante, bello e leggero nella prima parte, pesante e faticoso nella seconda...molto pesante, in particolare nella vita comunitaria.
 Ma è stato un anno che mi ha visto entrare sempre di più nel mio servizio missionario, che mi ha visto raggiungere una certa autonomia nelle scelte, fatte con impegno e coraggio, fatte con dedizione e interesse, fatte con passione. E' questo servizio che mi ha sempre aiutato a darmi la carica per andare avanti, a non mollare, a saper togliere di dosso quella polvere sporca e pesante che inciampava il mio cammino. 
La pastorale carceraria, il gruppo di famiglie Testemunhas da Esperança, il piccolo gruppo Espaço Esperança, gli incontri in APAC femminile, la Comunità di Ipe Amarelo, sono diventati le mie priorità, il mio esserci, la mia condivisione, il mio "presepe" vivente....e io dentro a questo presepe.













mercoledì 23 dicembre 2015

E se devi abbracciare fallo forte. O non farlo affatto. L'abbraccio è una cosa seria. Se qualcuno mi chiedesse "Qual è il posto migliore in cui sei stato?", risponderei "Un abbraccio, quell'abbraccio". Respiri emozioni che il respiro te lo tolgono. E vuoi tornarci. Vuoi tornarci più volte che si può. Da certi abbracci non ci esci mai abbastanza. Sono attimi che ti cammineranno dentro per sempre. Ti faranno piangere o sorridere. Avrai tante parole o un nodo in gola da non poterne parlare.
A. De Pascalis

Bello questo piccolo testo di De Pascalis, me ne sono innamorata e così ho voluto ritagliarlo e incollarlo tra le pagine dei miei appunti. Sì, l'abbraccio è una cosa seria. Nell'abbraccio ti puoi riposare, ti puoi ricaricare, ti puoi sostenere, ti puoi donare.
L'abbraccio può superare anche le barriere di una grata di ferro, che ostacola sì, ma che non ferma il desiderio di volersi bene e ringraziarsi. Le braccia in qualche modo arrivano al cuore, nonostante quella barriera non permetta di appoggiare la testa per riposarsi uno sulla spalla dell'altro.
Certi abbracci nascono così, come oggi alla penitenziaria NH, per dirsi "grazie" per dirsi "Buon Natale e...buon compleanno" , abbracci sinceri che fanno piangere o sorridere.
Mi sto rendendo conto di quanto il mio servizio missionario nella pastorale carceraria sta entrando sempre di più nella mia vita, quanto tempo ci sto dedicando e di come questo sta occupando sempre di più i miei pensieri. Ci metto me stessa in questa battaglia per cercare di cambiare un'idea di carcere che non sia solo punitivo, ma al contrario educativo, che rispetti i diritti umani e che aiuti nella recuperazione dei detenuti. Detenuti/e che non sono scarto della società, ma uomini e donne capaci di cambiare, di recuperare la propria vita e di renderla migliore. Pagare la propria colpa senza umiliazioni, violenze, ma con dignità e rispetto, perché è questo che deve insegnare la società.
Ognuno cresce solo se è sognato diceva Danilo Dolci, se è valorizzato, stimato e amato.
Saper abbracciare aiuta a fare anche questo, ma solo se è fatto seriamente, se è un abbraccio sincero e carico di quei sogni che aiutano a crescere.
E in prigione c'è bisogno di tanti abbracci, soprattutto di quelli che aiutano a perdonare e perdonarsi.


lunedì 7 dicembre 2015

Oggi sono andata a far visita alla madre di una detenuta.
La casa si trova in una favela di Belo Horizonte.
E' la prima volta che visitavo la persona e il posto.
Mi sono trovata di fronte ad una situazione di estrema miseria materiale e umana.
Durante le mie visite in carcere A. (detenuta) mi aveva informato della realtà fragile e preoccupante in cui viveva con sua mamma, prima di essere presa, una realtà di forte vulnerabilità.
Oggi ho trovato conferma nelle sue parole, nelle sue preoccupazioni e nei suoi pianti, che mi hanno spinto a fare questa visita.
La casa, se così si può chiamare, è formata da due sole stanze buie e con un pavimento di terra. Niente piastrelle e solo muri di mattoni, senza essere rivestiti dal cemento.
Poche cose, vecchie e malandate, con una scarsa cura nell'insieme.
Nel ricevermi una signora di soli 51 anni, con un aspetto che ne dimostrava molti di più e un bimbo sempre in braccio che ancora non cammina: sono la mamma di A. e suo figlio di soli 11 mesi.
La signora parlava sempre con la testa bassa, quasi si vergognasse della sua situazione, descrivendo un passato di alcool e depressione, di precarietà e difficoltà economiche al limite della sopravvivenza.
Ascoltando la sua storia il mio pensiero andava ad A. e mi era chiaro il perché delle scelte sbagliate che aveva fatto, non per giustificarle, ma per comprenderle.
 Sono praticamente sole, nessun marito o uomo di casa che possa aiutare, uomini che non esistono, se non negli abbandoni e violenze ripetitive impresse nei ricordi di queste giovani donne, madre e figlia.
Sono uscita da quella casa con una profonda tristezza e tante riflessioni.
Man mano che l'autobus si avvicinava al centro, pieno di negozi in stile natalizio, mi chiedevo come sarebbe stato il Natale per quella signora e quel bimbo.
Di certo un Natale non seduta ad una tavola apparecchiata con una bella tovaglia, con piatti ricchi di cose buone da mangiare, con gente allegra che si scambia auguri, sorrisi e abbracci.
Niente regali e regalini, niente pensieri o pensierini.
Un Natale in solitudine, con una figlia in carcere e un bimbo che a mala pena la sa abbracciare, in una casa fatta di niente, buia e sporca, in un luogo dove gli addobbi natalizi non arrivano.
E assieme a lei mi sono venute in mente tutte le detenute e detenuti che cominciano a pensare al Natale come ad un giorno triste, perché non potranno sedersi ad una tavola con i loro familiari.
Sarà dentro una cella piena di ricordi.
Poi penso a chi vive per strade, a chi non ha niente, a chi....e penso a come è diverso questo Natale per loro, così lontano da quello sponsorizzato dalla televisione.
Sarà che ho iniziato a vedere le cose dall'altro margine, quello dove si fa fatica a scavalcare perché disturba e "sporca" l'immagine bella e patinata di una realtà "perfetta", un margine dove si incontrano gli abbandonati, i carcerati, le famiglie in situazione di povertà, gli esclusi.
E allora penso a come mi piacerebbe prendere una bella tovaglia e collocarla su una tavola lunga, lunghissima dove si possono sedere tutte le persone provenienti da questo margine, una tavola imbandita di tutte le cose buone che si mangiano a Natale, una tavola dove si respira la spensieratezza dell'allegria. Un Natale per tutti.
E penso a come bisogna saper ringraziare quando si ha e si può, non perché ci si deve sentire in colpa, ma perché bisogna sentirsi grati delle cose che si hanno e che si ha la possibilità di vivere, senza lamentarsi. Grazie è una bella parola.
Sarebbe bello ritornare a vivere il Natale nel suo significato più profondo, ma dipende da noi e dalla voglia di saper scavalcare quel margine che divide e separa, magari iniziando a sederci accanto a chi non è mai invitato.









sabato 5 dicembre 2015

pisca-pisca......così si chiamano le luci di Natale qua.
Anche noi abbiamo iniziato ad addobbare la nostra casa in stile natalizio, per la felicità delle bimbe dei nostri vicini di casa che dividono il cortile con noi.
Pisca-pisca intrecciate tra le foglie dell'uva, in uno spazio fatto di mattoni e terra, di fiori e piante, con al centro un cattura sogni che imprigiona i pensieri tristi e i sogni non buoni.
Agata e AnaFlavia, di 4 e 1 anno e mezzo, danzano sotto i colori delle piccole luci natalizie assaporando l'arrivo dei giorni di festa.
E' un'atmosfera tutta particolare, lontana dalle luci commerciali della città e da quel Babbo Natale sponsorizzato dalla Coca-Cola. Il nostro sponsor sono le risate delle bimbe e i loro "ohh..." quando le luci si accendono.
Quell'accendersi e spegnersi colorato illumina il buio della notte, regala sorrisi e rende leggeri i pensieri.
...pisca-pisca.....




Lavori di artigianato allo Espaço Esperança:




Ecco alcuni lavoretti del mercoledì pomeriggio, giorno della settimana dedicato all'artigianato.
Spazio Speranza ora è solo il mercoledì pomeriggio e resiste affrontando le sfide numeriche e motivazionali. Ci sono giorni in cui ci troviamo di fronte ad un numero di ragazzini/e numericamente bello animato e altri che si contano solo sulle dita di una mano. Ma noi continuiamo finché sarà possibile, per offrire un'alternativa in un bairro dove regna droga e violenza e nient'altro!
Per ora io e Lucilene ( una volontaria) ci occupiamo di questo spazio, chi portava avanti teatro il venerdì pomeriggio ci ha rinunciato.......sarà che per noi i numeri non sono così importanti, 7, 8, 10 persone è bello lo stesso, come 4, 3 o 2. Quando si conoscono le storie di questi ragazzini/e ti fa venire voglia di continuare e di creare quell'alternativa che può generare speranza e accoglienza.
Per esempio, Carlos ha 12 anni e vive solo con suo nonno, un signore anziano che non si prende cura di lui. Passa la maggior parte del suo tempo per strada, è un piccolo "bulletto" di quartiere che ascolta musica funky e si atteggia da persona grande. Sappiamo cosa significa vivere per strada qui, entrare in certi giri e buttare la propria vita a rischio e lui lo sta già facendo.
Carlos è solo un bambino che è stato dimenticato, pieno di ferite e vuoti che lo stanno trascinando giù.
E se anche partecipa il mercoledì pomeriggio una volta si e due no, tenere la porta aperta di Espaço Esperança quel giorno della settimana è importante.