martedì 31 maggio 2016

Una ragazzina di 16 anni stuprata da una trentina di uomini.
Questo è quello che è accaduto a Rio de Janeiro, pochi giorni fa, notizia che sta girando nei social network, dove gli stessi stupratori hanno messo su youtube il video dello stupro.
Provo orrore per un fatto che colpisce tutte noi donne, che mostra una violenza crudele e gratuita, senza pietà, senza un briciolo di rimorso, visto che poi tutto viene condiviso in rete come se fosse un trofeo da mostrare. Orrore!!!
In una società maschilista o machista, come si dice qua, viene sponsorizzata una cultura dello stupro che protegge, incentiva, giustifica la violenza sulle donne, senza nessun sentimento di colpa.
Nelle pubblicità, nei media, nelle canzoni si incoraggia un aggressività sessuale maschile che supporta la violenza, come se fosse una cosa "normale".
Il corpo delle donne è oggetto di un desiderio che è completamente fuori dalle dinamiche di amore, da ogni logica del rispetto, da ogni valore e considerazione.
Non importa l'età, importa il piacere personale, l'arroganza e la prepotenza per soddisfarlo.
Può essere un adolescente, può essere una bambina, una donna di una certa età.....una donna!
La colpa, poi, cade sempre su di lei, su di noi.
Stupidi quei commenti del tipo "era condiscendente....se l'è cercata....ha provato piacere anche lei".
Stupidità e idiozia senza anima e cervello!
Nel bairro mi capita di vedere, già, giovani ragazzine alle prese con una sessualità che neanche conoscono, ma che tentano di imitare. Quello che passa dalla televisione è una bellezza stereotipata, che mostra il corpo come semplice oggetto di desiderio sessuale.
Sedurre, provocare, far piacere, questo devono mostrare le donne e questo è quello che vogliono gli uomini, in una cultura maschilista e fallica.
In alcune canzoni funk, tipiche delle favelas, ci sono riferimenti che descrivono le donne con epiteti esplicitamente volgari, la donna vista come contorno decorativo, la bambolina di turno senza cervello da usare a piacimento e i videoclip sono danze che ripetono movimenti sessuali ed erotici.
Ci sono ragazzine che già a tredici anni devono affrontare una maternità, con tutta la paura e l'innocenza di questa giovane età. Criança com criança si dice qua....una bambina con un bambino.
Il sesso non viene spiegato, si fa quando si ha voglia, si fa senza pensare alle conseguenze, senza pensare all'età....si fa, a volte, con violenza, una violenza giustificata e accettata.
Una violenza che mai si cancellerà nel corpo e nell'anima di una donna, di una ragazzina, di una bambina.
C'è una frase su un cartello, in una manifestazione contro una cultura dello stupro, che dice:
"Non insegnate alle donne come non devono essere stuprate, insegnate agli uomini a non stuprare".



Proprio oggi la notizia che il Senato ha approvato un aumento di pena per lo stupro collettivo.
Sarebbe bello, anche, promuovere politiche sociali ed educative contro ogni forma di discriminazione, di genero, omofobico,...ecc...
Incentivare, creare, saper costruire una cultura del rispetto, dei diritti, contro ogni forma di violenza.
Forse aiuterebbe a eliminare o non sentire più quelle frasi, idiote, del tipo: "era una donna, se l'è cercata." o " i gay, le lesbiche sono persone in difetto...."
Il difetto sta nell'ignoranza, nella violenza, nella crudeltà che uccide il diritto all'esistenza.










domenica 22 maggio 2016

Il mio vicino di casa me lo ritrovo sempre sdraiato per terra in mezzo alla strada, sembra morto, con la sua bottiglietta di cachaça (liquore locale) che mai lo abbandona, fedele compagna di vita!
 Oggi proprio non ce l'ho fatta a passargli davanti senza invitarlo ad alzarsi, aveva tutto un braccio sporco di sangue. Ho cercato di tirarlo su, con la sua testa a penzoloni e le sue parole confuse e ingarbugliate. Nonostante la sua magrezza pesava più del dovuto e ho fatto fatica, anzi, abbiamo fatto fatica, perché mi ha aiutato una ragazza a cercare di tirarlo via dalla strada. L'odore forte dell'alcool era così denso e nauseante che quasi mi si appiccicava addosso.
Proprio non ce la fa a cambiare vita, cercare di smettere di bere e curarsi le ferite, quelle dell'anima, le più dolorose, le più profonde. E' conosciuto qui nel bairro, non solo per i suoi show caratterizzati da una gradazione alcoolica che quasi arriva alle stelle, ma per i suoi trascorsi poco tranquilli e non molto legali. Lo saluto sempre quando lo incontro per strada e lui mi risponde: "irmãnzinha" (sorellina...). Difficile fare una normale conversazione, troppo alcool. Mi chiedo come riesca a stare in piedi in quelle condizioni....e in effetti in piedi non ci sta visto che lo ritrovo sdraiato per strada!
La maggior parte della gente beve qui nel bairro, l’acool è un problema molto serio, che riguarda anche le donne. Tutti bevono qua. 
Le fragilità di questa periferia urbana sono perennemente affogate in fiumi di cerveja (birra) o cachaça (liquore locale). Non importa se non si hanno i soldi, importante è bere, liberarsi dalle paure o dalle debolezze a sorsi di bicchiere, fino a creare una dipendenza che non se ne esce più.
E in questa dipendenza si aggiunge la violenza, di ogni tipo, orribile e criminosa violenza. Gli stupri su donne e bambine fanno parte di questo orrore.
Se i mattoni delle case potessero parlare, le nostre orecchie non riuscirebbero a contenere le grida silenziose di tante storie accadute e che accadono nella quotidianità.
 Il silenzio e il far finta di niente, tra la vergogna e la paura di chi subisce, fa da cornice a questi dolori. Non si parla e non se ne vuole parlare.
Questa realtà, a volte, ti schiaffeggia con la sua crudezza che quasi la faccia non te la senti più per il tanto male.
L'unica terapia che funziona è l'incontro tra donne nelle attività di artigianato, come il lunedì pomeriggio nella Casa Comboniana o in altre strutture. Sono momenti dove attraverso un lavoro creativo, libero e bello, ci si incontra e si inizia a parlare, si inizia a raccontarsi, lentamente e profondamente, riconoscendosi nelle storie di altre donne. 
Solo così si trova la forza per cambiare e forse per denunciare. 
Sentirsi forte nella condivisione e nella "comunità", uscire da un silenzio e da una solitudine che sotterra l'anima. Questi spazi volontari di donne sono molto importanti, piccole ancore a cui aggrapparsi, da difendere, "proteggere" e valorizzare.

E il mio vicino di casa continua con la sua bottiglietta a girare per le strade, a rotolarsi tra il cemento, a ridere quando cerchi di rialzarlo, sperando sempre di incontrarlo con una testa non troppa rotta, a causa delle sue cadute. 
Si cambia quando si vuole cambiare, altrimenti tutto quello che diciamo scivola addosso, non convince a chi è totalmente preso dal suo vizio. 
Per ora l'unica cosa che posso fare e aiutarlo ad alzarsi e ricordargli che è ora di andare a casa. Lui mi guarda, sorride e mi tende la mano per tirarlo su.






martedì 17 maggio 2016

 Sono belle alcune vittorie, piccole conquiste nate da battaglie che hanno il sapore della fatica, dell’impegno, della speranza, del progetto, del sogno, ma soprattutto sono costruite su un cammino che mai si è arreso, nonostante le difficoltà.
Queste piccole vittorie sono gioie condivise in un lavoro di equipe formato da persone che credono in quello che fanno, che con fiducia e umiltà costruiscono il lavoro quotidiano della Pastorale Carceraria.
Oggi finalmente abbiamo iniziato la catechesi nel carcere di massima sicurezza Nelson Hungria.
La nostra gioia, insieme a chi partecipa, nasce dopo un tempo di attesa lungo, fatto di permessi, di richieste, di grovigli burocratici e non, che avrebbero disanimato chiunque….ma noi NO!
Abbiamo tenuto fede e fermezza nel nostro obiettivo, nel cercare di realizzare una richiesta nata dagli stessi detenuti, mediando con una parte “istituzionale” che non ha fiducia in un lavoro di valorizzazione e recuperazione con i carcerati. C’è chi crede che è tempo perso, che non ne vale la pena, che chi è in prigione non ha più diritto di niente, neanche di cercare Dio o se stesso, solo il nulla dentro una buia cella.
Ma è proprio in quel buio che nasce il desiderio di ritornare a “vedere”, di rincontrarsi, di abbracciare quel Mistero che tanto bussa nell’ animo umano. Nessuno ha il diritto di negare quel bisogno e quella ricerca spirituale che è propria dell’uomo. Per questo la nostra battaglia a rispettare una ricerca che nasce da un cammino personale, da un desiderio di cercare Dio e se stessi.
Oggi l’inizio di un nuovo percorso con un piccolo gruppo di detenuti e finalmente in una stanza dove abbiamo potuto metterci in circolo liberamente, senza nessun impedimento, di sbarre, di manette, di spazi fisici divisori, di agenti vigilanti.
Sono emozionanti le condivisioni che vengono fuori, sono forti, umane, cariche di domande e desideri. Sono percorsi costruiti insieme, condivisioni dove ognuno arricchisce l’altro, dove ognuno insegna all ’altro, dove si comunicano  le proprie emozioni, gioie e ferite di una vita che si vuole ricostruire, che non si sente perduta o schiacciata dal peso della colpa o dalla condanna della gente.
Sia benedetto questo percorso, sia benedetta questa sete di Dio che allarga i confini del cuore e che spezza le grate di una prigione fatta di carne e umanità in ricerca e in cammino.

Evviva la Vita che è capace di rinascere e crescere, evviva la Gente che aiuta a farla crescere, evviva il mettersi in Cammino e il non aver paura di farlo.

Tra i diritti che devono essere rispettati per i carcerati c’è il diritto di assistenza religiosa.
Tutti i detenuti hanno libertà di culto/religione, così come il diritto di praticarla nella propria unità carceraria, nessuno è obbligato a partecipare se non lo desidera.


                        



lunedì 9 maggio 2016

A colpi di foto!

A colpi di foto!!!
A volte ho l'impressione che sia una gara tra chi mette più foto sui social network per testimoniare il cammino missionario o di volontariato che una persona sta facendo...o mostrare la propria vita.
In particolare mi riferisco a chi nel giro di 5 minuti o di pochi giorni, posta lui/lei...in particolare e più un pubblico femminile, in posa vittoriana, per comunicare al mondo intero i suoi successi personali.
Siamo completamente prigionieri di questa macchina mediatica che ci fa sentire tutti dei grandi teatranti, in attesa degli applausi della gente. A volte mi chiedo se ci sto cascando anch'io perché visto che ne faccio uso, non posso non escludermi.
Ma mi permetto di salvarmi un po', cercando di descrivere pensieri o situazioni che mi tirano fuori dal mio "ombelico"....spero!
Sarà che mi piace di più raccontare gli altri o raccontare alcune realtà, intrecciate di emozioni e riflessioni. Sarà che non c'è bisogno di mettersi in posa ogni secondo, con sorrisi incantatori, vendendo valigie cariche di felicità occasionali. Sarà che è anche bello mettersi in Non Posa senza sorridere: "no dai, non fare quella faccia! sei su fb...sei in rete!" ....commenti del grande pubblico.
Sarà che questa mania dei gruppi whatsapp ci fa squillare il cellulare mostrando anche i colori artificiali di una vita che sta diventando solo immagine. Sarà che non devo pensare così, perché le immagini sono belle e anche le persone dentro a queste immagini.
Sarà che forse le persone si fermano solo alle immagini e non vanno al di là di quella impressione.
Sarà...sarà....sarà che spetta a noi fare un salto di intelligenza e saper scavalcare l'apparenza!
Ritornare a domandare, curiosare, raccontare, ma con le parole, con le emozioni, con i difetti di una scrittura che cerca il senso delle cose e che sa far parlare quelle immagini.
Vorrei scendere dal quel palcoscenico che tutto mostra, vorrei più sostanza e meno immagini da copertina. Tutto viene postato, anche l'ultima cena del giorno prima!!!
Sappiamo tutto di tutti, ma non ne sappiamo niente.
Anche in missione sembra una gara a chi mette più foto, con un debole commentino che sembra respirare appena. Cerco di immaginarmi se quella situazione è veramente così, se è stata facile, difficile, cosa ha provato, cosa ha sentito, qual'è la sua storia...c'è una storia? o solo una posa vittoriana?
Missione è mostrare grandi cose? fare grandi cose? fare la lista delle opere che si è realizzato? E' cambiare il mondo? No, è cambiare se stessi per essere persone migliori che aiuteranno sì a cambiare il mondo, ma non a colpi di immagini, a colpi di esempi e testimonianze, camminando "a piedi nudi, nella nuda terra". E' gustare le meraviglie delle proprie fragilità e superarle nel possibile, scoprire se stessi nell'incontro di quell'Amore che ti cambia e che ti fotografa da dentro, vedere un immagine di te che sa comunicarsi agli Altri e che negli altri ti arricchisce.
Missione è questa grande gratitudine per la Vita e il suo Mistero.
Non so perché ho scritto questo post, anzi si lo so', è nato da una stanchezza visiva per tutte quelle immagini su gruppi sociali, rete, che mi parlano di missione, volontariato, "volemose bene...è tutto fantastico...ecc...ecc"
Cavolo, se penso alle lacrime di una detenuta che ha perso il figlio assassinato, se penso a queste continue sparatorie nel bairro, se penso alle minacce ricevute dalla mia vicina che gli hanno incendiato la casa e il figlio è gravemente ustionato, se penso a questa guerra tra gang che ammazza quasi ogni giorno un giovane, se penso ad alcuni bimbi che conosco e già lavorano, se penso alle violenze dentro le prigioni, se penso alle violenze in queste strade del bairro....non è tutto mica fantastico!!! Non è sempre mica fantastica la missione, anzi!!
Camminare a piedi nudi, nella nuda terra, sentire il freddo e vedere la polvere che sporca i tuoi piedi, ma che lascia tracce e disegna la tua forma. Si cammina nella missione, si cerca di lasciare tracce, non da mostrare agli altri, ma prima di tutto a te stessa, perché la grande trasformazione, la grande opera è e sarà sempre dentro di te e allora, sì, sarà Fantastico.


Oggi una strana amarezza velata di tristezza, ha bussato tra i miei respiri.
Non so perché, forse perché oggi è la festa della mamma e in mezzo alla gioia per le mamme della Comunità, festeggiate dai bimbi e da tutti noi, ho pensato ad altre mamme.
Alle Mamme che sono in carcere e a chi tra queste ha perso un figlio perché assassinato (aveva solo 14 anni).
Alle Mamme che con tre/ quattro figli camminano per la strada, con una schiena curva fatta di violenze e infelicità.
Alle Mamme che hanno i figli lontani e che riempiono il vuoto consumando con gli occhi una vecchia foto.
Ai quei figli che non hanno più una mamma e che la sognano ad occhi aperti.
Cartoline di una realtà che respiro nella mia quotidianità e che oggi in questi respiri le ha ricordate.
Un abbraccio a tutte queste Mamme che lottano contro la loro fragilità  e "disperazione" e un abbraccio a tutti quei figli che scrivono su un foglio bianco un nome che è volato via.
Un abbraccio e tutte le Mamme Guerriere nel mondo, piene di rughe fatte di battaglie, di resistenze, che continuano ad Amare e generare la Vita nonostante tutto.



                                 










domenica 8 maggio 2016

...l'Amore dato non ritorna a posto, ma resta in giro e rende il Cielo Immenso.
(Cit.)







....e noi questo Cielo lo vogliamo immenso!!!! 
Le meraviglie servono per incorniciare il volto e regalarlo con un sorriso che ha il sapore di infinito.
La Vita ci insegna che vale solo l'AMORE.





lunedì 2 maggio 2016

Dal 22 al 24 di Aprile ho partecipato in Uberlandia, città del Minas Gerais, all' Assemblea Regionale della Pastorale Carceraria, un incontro annuale che vede riuniti tutti i rappresentanti delle città del Minas Gerais che lavorano in questa pastorale. Tema dell'incontro: Ecumenismo, Giustizia e Misericordia.
Una giustizia che è madre della pace, una Giustizia che si compie con misericordia e verità, una Giustizia che non si fa solo con la ragione, ne solo con il cuore, ma una  Giustizia che è ragione e cuore insieme.
Una Giustizia che molto spesso è malata di una soffocante burocrazia, vecchia e conservatrice, di una corruzione che è male del mondo, che dimentica di essere riconciliativa, che cerca il bene di tutti, per essere solo punitiva e elitaria. C'è un proverbio africano che dice che "ai processi si va con un ago per cucire e non con un coltello per tagliare" , una giustizia che lavora per far emergere quell'Umanità Perduta, anche quando si è colpevoli, perché è solo attraverso un atto di misericordia e non di condanna che nascono i cambiamenti, di vita e di speranza.
Se non credessi in tutto ciò, non potrei svolgere il mio servizio missionario nella Pastorale Carceraria, dove tre volte a settimana incontro i detenuti del carcere maschile e femminile.  E' il mio Vangelo quotidiano, dove le ferite delle colpe sanguinano e provocano dolore, da parte di chi ha commesso il crimine e di chi lo ha ricevuto: "rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori".
Saper perdonare, saper ascoltare, attraverso un cammino che si fa insieme, colpevole e vittima, attraverso una riconciliazione che cambia completamente la Vita, il peso di una colpa  e il peso dell'odio.
Nei giorni dell'Assemblea ho sentito forte il mio impegno in questo cammino, così come nei miei colleghi/e che prestano servizio volontario nelle carceri. Nessuno di noi riceve un salario, ne elogi o complimenti da parte della gente, che al contrario ci vede di più come "amici dei banditi o dei vagabondi" , perché i detenuti vengono considerati immondizia del mondo, male da estirpare e non da recuperare.
 Tutto quello che facciamo è frutto della nostra passione e della nostra convinzione, della nostra fede per un carcere che sappia educare e non solo punire, che possa essere più dignitoso e rispettoso, che sappia creare Misericordia e Pace.
 Il Brasile è al quarto posto tra i paesi con la maggior quantità di carcerati nel mondo, dopo Stati Uniti, Russia e Cina. I diritti umani non sono i benvenuti nelle carceri brasiliane, così come in altri carceri del mondo, questa è anche la nostra "lotta" il loro pieno riconoscimento.
Sovraffollamento, condizione igieniche inesistenti, topi che fanno compagnia ai detenuti, che corrono di notte dentro le celle, violenze fisiche e psicologiche, attività illecite portate avanti. Tutto questo si trova facendo visita in un carcere, dove Umanità e Legalità non hanno più significato, in una piena contraddizione dentro una struttura che dovrebbe ricrearle e garantirle.
Queste sono riflessioni, proposte, impegni che hanno condotto i nostri giorni di Assemblea, che hanno stimolato e animato il nostro SI a questa pastorale, ricordando che non c'è crimine o peccato che possa cancellare l'uomo dal cuore di Dio misericordioso.

Inizierò a collaborare con l'equipe della coordinazione statale del Minas Geras, per il tempo che mi sarà possibile, un invito che mi ha riempito di gratitudine e speranza per un lavoro che mette le nostre vite a disposizione di questa causa, nella promozione di dignità della vita umana e per la costruzione di un mondo libero "dalle prigioni".