domenica 22 maggio 2016

Il mio vicino di casa me lo ritrovo sempre sdraiato per terra in mezzo alla strada, sembra morto, con la sua bottiglietta di cachaça (liquore locale) che mai lo abbandona, fedele compagna di vita!
 Oggi proprio non ce l'ho fatta a passargli davanti senza invitarlo ad alzarsi, aveva tutto un braccio sporco di sangue. Ho cercato di tirarlo su, con la sua testa a penzoloni e le sue parole confuse e ingarbugliate. Nonostante la sua magrezza pesava più del dovuto e ho fatto fatica, anzi, abbiamo fatto fatica, perché mi ha aiutato una ragazza a cercare di tirarlo via dalla strada. L'odore forte dell'alcool era così denso e nauseante che quasi mi si appiccicava addosso.
Proprio non ce la fa a cambiare vita, cercare di smettere di bere e curarsi le ferite, quelle dell'anima, le più dolorose, le più profonde. E' conosciuto qui nel bairro, non solo per i suoi show caratterizzati da una gradazione alcoolica che quasi arriva alle stelle, ma per i suoi trascorsi poco tranquilli e non molto legali. Lo saluto sempre quando lo incontro per strada e lui mi risponde: "irmãnzinha" (sorellina...). Difficile fare una normale conversazione, troppo alcool. Mi chiedo come riesca a stare in piedi in quelle condizioni....e in effetti in piedi non ci sta visto che lo ritrovo sdraiato per strada!
La maggior parte della gente beve qui nel bairro, l’acool è un problema molto serio, che riguarda anche le donne. Tutti bevono qua. 
Le fragilità di questa periferia urbana sono perennemente affogate in fiumi di cerveja (birra) o cachaça (liquore locale). Non importa se non si hanno i soldi, importante è bere, liberarsi dalle paure o dalle debolezze a sorsi di bicchiere, fino a creare una dipendenza che non se ne esce più.
E in questa dipendenza si aggiunge la violenza, di ogni tipo, orribile e criminosa violenza. Gli stupri su donne e bambine fanno parte di questo orrore.
Se i mattoni delle case potessero parlare, le nostre orecchie non riuscirebbero a contenere le grida silenziose di tante storie accadute e che accadono nella quotidianità.
 Il silenzio e il far finta di niente, tra la vergogna e la paura di chi subisce, fa da cornice a questi dolori. Non si parla e non se ne vuole parlare.
Questa realtà, a volte, ti schiaffeggia con la sua crudezza che quasi la faccia non te la senti più per il tanto male.
L'unica terapia che funziona è l'incontro tra donne nelle attività di artigianato, come il lunedì pomeriggio nella Casa Comboniana o in altre strutture. Sono momenti dove attraverso un lavoro creativo, libero e bello, ci si incontra e si inizia a parlare, si inizia a raccontarsi, lentamente e profondamente, riconoscendosi nelle storie di altre donne. 
Solo così si trova la forza per cambiare e forse per denunciare. 
Sentirsi forte nella condivisione e nella "comunità", uscire da un silenzio e da una solitudine che sotterra l'anima. Questi spazi volontari di donne sono molto importanti, piccole ancore a cui aggrapparsi, da difendere, "proteggere" e valorizzare.

E il mio vicino di casa continua con la sua bottiglietta a girare per le strade, a rotolarsi tra il cemento, a ridere quando cerchi di rialzarlo, sperando sempre di incontrarlo con una testa non troppa rotta, a causa delle sue cadute. 
Si cambia quando si vuole cambiare, altrimenti tutto quello che diciamo scivola addosso, non convince a chi è totalmente preso dal suo vizio. 
Per ora l'unica cosa che posso fare e aiutarlo ad alzarsi e ricordargli che è ora di andare a casa. Lui mi guarda, sorride e mi tende la mano per tirarlo su.






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