venerdì 20 febbraio 2015

"Ho conosciuto mia madre a 9 anni, dopo che è tornata per portarmi via dalla casa di mio padre e da mia nonna. Ho vissuto con lei fino a 14 anni, poi me ne sono andata, non ne potevo più delle molestie del mio patrigno. Io lo dicevo a mia madre che lui mi toccava e che tentava sempre di avere rapporti con me, ma lei non mi credeva e così ho scelto di andarmene via. Ho vissuto per strada fino ai 16 anni vivendo di espedienti, droga e alcool, poi ho conosciuto un uomo, molto più grande di me che è diventato il mio compagno, sono rimasta incinta ed è nata la mia bambina. Con lui le cose non andavano bene, era violento e minaccioso. Ho preso la mia bambina e sono ritornata per strada. Mi mantenevo prostituendomi  e vendendo droga, sono rimasta incinta del mio secondo figlio. Non ho fatto mancare niente ai miei figli, con i soldi che guadagnavo compravo tutto per loro.....ma ora sono qui e dietro a queste sbarre ho scoperto di essere sieropositiva.
 I miei figli? La mia bambina è con il mio ex compagno, l'altro non lo so."
 Questa è la storia di A. 19 anni.
"Attenta a quando mi stringi la mano, ho ancora la pallottola dentro. E' stato mio marito".
Le ho preso la mano per vedere con i miei occhi quello che mi stava dicendo. Nel dorso una protuberanza dentro la pelle che pare una pietra e nel palmo il segno visibile del foro creato dalla pistola. Sembrava il segno di una stigmate. Non ho fatto in tempo a sentire la sua storia perché era finito l'orario di visita nel CERESP e le guardie mi stavano mettendo fretta per uscire.
Le ho solo preso la mano per salutarla e nel stringerla, la sua preoccupazione: "Attenta....".
Giovane, anche lei, come A. insieme nella stessa cella, insieme in queste storie di violenza.
La maggior parte delle ragazze che sono detenute in questo centro sono tutte giovani, hanno dai 18, 19, 20 anni. Tutte con storie difficili, pesanti, simili tra di loro e molte sono mamme, nonostante la giovane età, oggi D. mi ha fatto vedere la foto della sua bimba di tre anni.
Insieme a loro, nel poco tempo che ho a disposizione, cerco di incoraggiare a ricostruire una vita che ha la possibilità di rinascere, nonostante le ferite e le cicatrici così spesse che sembrano solchi dentro l'anima. A volte, come dice la scrittrice Cora Coralina, basta essere: braccia che accolgono, parola che conforta, silenzio che rispetta, allegria che contagia, lacrima che corre, amore che promuove. Sì, amore che promuove stima, fiducia, appoggio, coraggio.
Si può riprendere in mano la propria vita, anche partendo dai cocci che ci rimangono tra le dita, dopo che l'abbiamo buttata a terra o che ce l'hanno calpestata frantumandola in mille pezzi . Bisogna solo trovare quel nastro adesivo o colla che sappia ricomporre i pezzi e l'unico nastro o colla che conosco e che può aiutare a fare questo si chiama Amore (l'amore che promuove).
Io ci credo in questo e credo in queste giovani vite così appesantite dalle loro esperienze, quei 19 anni che sembrano molti di più nei corpi e nello spirito, tanti cocci frantumati sull'asfalto.
E allora se posso, mi carico un pò di queste pesantezze, attraverso l'ascolto e la condivisione, attraverso parole che sappiano essere colla, nastro adesivo, che sappiamo essere amore che promuove. Credo che quando si incontra una persona che dimostra di avere fiducia in noi, che aiuta a credere in noi, ecco che cambia la visuale di noi stessi, una visuale che aiuta a vedere il bello anche in un vaso pieno di crepe, in cocci che sembravano rotti per sempre.


Amor è uma palavra que acende a gente
Amore è una parola che accende la gente



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