venerdì 13 novembre 2015

Giovedì 5 novembre 2015 sarà una data che verrà ricordata nella storia del Minas Gerais, perché ha segnato una delle tragedie più gravi che sono accadute in questo paese.
 Nel distretto di Mariana, a circa 108 km da Belo Horizonte, il cedimento di una diga, costruita per contenere acque reflue dell'industria mineraria, ha provocato la fuoriuscita di tonnellate di fango che hanno travolto il villaggio di Bento Rodrigues, cittadina nella regione centrale del Minas.
La forte corrente di melma e residui ha praticamente sotterrato e sommerso tutto ciò che ha incontrato e che continua ad incontrare nel suo cammino. A Bento Rodrigues vivevano circa 600 persone che hanno perso tutto, ci sono, ancora, molti dispersi che non sono stati ritrovati sotto la densa coltre di melma. Gli abitanti della zona sono per lo più persone che vivono di agricoltura e operai della miniera, persone semplici e di basso reddito.
E' una tragedia in termini di vite umane e distruzione ambientale.
Questo fango sta contaminando le falde acquifere del territorio perché composto da elementi tossici e nocivi. Flora e fauna sono completamente distrutte, a rischio la salute delle persone e la perdita dell'economia locale.
La zona di Mariana è stata oggetto di intenso sfruttamento minerario, soprattutto di oro e ferro, sin dalla colonizzazione portoghese, oggi dalle grandi multinazionali del settore, che con la loro irresponsabilità continuano a creare morte e distruzione.
La diga che conteneva scarti minerari appartiene alla compagnia di estrazione Samarco, che è di proprietà della Vale. La Vale è produttore mondiale di ferro con giacimenti in 38 paesi ed è tra i principali costruttori di dighe e ferrovie. E' una multinazionale, nata in Brasile, con una lunga storia di saccheggio ambientale, sfruttamento e violazione dei diritti umani. In Canada, dove la Vale ha acquisito la International Nickel Company (INCO) i minatori vivono continue condizioni salariali e contrattuali precarie. In Mozambico usa la forza per espropriare terreni per la creazione di nuove miniere, espropriando con il trasferimento forzato la popolazione locale, così come in Perù gruppi di paramilitari sono assoldati per reprimere etnie locali. In Italia la Vale esporta ferro, devastando l'ecosistema della foresta amazzonica, per l' ILVA di Taranto.
In Brasile le sue industrie sono responsabili del 4% delle emissioni di CO2 e usano 1,2 miliardi di metri cubi di acqua all'anno, che equivalgono al fabbisogno di 22 mila persone, in una situazione di grave carenza idrica. La popolazione del Minas Gerais sta vivendo un grave periodo di siccità, con la razionalizzazione di acqua da parte di alcuni distretti locali.
Per non parlare di discariche e sostanze tossiche nei fiumi, oceani e inquinamento ambientale con l'emissione di polveri sottili.
Finora la Vale è stata imputata di 111 processi e 150 richieste giudiziarie, con accuse che vanno dalla violazione dei diritti umani a inquinamento aggravato, ma niente è riuscita a scalfire questo grande colosso.
Ora l'ennesima tragedia a scapito di vite umane e ambiente, un disastro che mette tristezza, sconforto e indignazione. I grandi interessi economici fanno sempre da padrone nei grandi palazzi della politica nazionale e internazionale.
La Vale ha già schierato i suoi efficienti avvocati per discolparsi di un "incidente", come lei stessa ha dichiarato, per nascondere l'irresponsabilità e la noncuranza di quanto è accaduto.
Soldi e corruzione sono già pronti sul tavolo degli imputati
Quello che possiamo fare come società civile è denunciare e non permettere che queste criminalità rimangano impunite e taciute, con il rischio di essere dimenticate.
Il senso di impotenza scoraggia quando si lotta contro i grandi mostri del profitto, al servizio di una economia che non rispetta la nostra "Casa Comune", la Terra e i suoi abitanti, ma questo scoraggiamento non deve permettere di arrenderci e di credere che non si possa fare niente.
Possiamo, possiamo fare. Possiamo parlare, far circolare informazioni, denunciare, responsabilizzare e responsabilizzarci, fare rete, prendere posizioni, coinvolgere.
La Vita delle persone, la salvaguardia dell'ambiente non può venire schiacciata dall'indifferenza e dal silenzio mediatico.
Insieme si può fare molto, perché....."quando le formiche si mettono d'accordo possono spostare un'elefante!"
A noi la scelta da che parte stare e come stare.



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