giovedì 11 dicembre 2014

...non so se mi dicono la verità, io so che racconto una mia verità e che mi porto come testimonianza. Porto una parte di me là dentro, sincera e veritiera
e so anche che quando dico che incontro l'uomo e non il suo crimine, che incontro la persona e non il suo delitto, che l'uomo è più grande del suo sbaglio...ecco che incontro occhi che diventano lucidi, diventano rossi e pieni di commozione.
Ecco, è questa la verità che incontro con loro, con alcuni detenuti.
Le parole si possono inventare, si possono creare castelli costruendo una parola sopra all'altra, ma le emozioni no, quelle sono vere e trasparenti.
E quegli occhi rossi e lucidi parlano da soli, parlano di un umanità che ancora c'è e che ha solo bisogno di essere incontrata e "toccata".
 So che il mondo che  sto conoscendo, quello della prigione, è un mondo difficile, contorto, violento, sofferto, scuro e anche falso, perché non sempre si racconta la verità e a volte sento la pesantezza di tutto questo, così come quando ti raccontano, inaspettatamente, la colpa commessa, ma quegli occhi e quella commozione mi bastano per credere in quello che sto facendo, nel credere che bisogna andare al di là del giudizio e pregiudizio, nel credere che quella umanità fatta di sensibilità e fragilità bisogna  saperla ascoltare, accogliere e incontrare.
E quando mostri questo, quando impari a fare questo...allora sì, ecco che la verità si incontra nella sua umanità, al di là delle parole.

"C'è un tempo dove bisogna abbandonare i vestiti usati, che già hanno la forma del nostro corpo e dimenticare i nostri cammini che ci portano sempre agli stessi luoghi. E' il tempo dell' Attraversare e se non osiamo farlo potremmo rimanere fermi per sempre ai margini di noi stessi".
(Fernando Pessoa)

...imparare ad attraversare quei margini che ci impediscono di conoscere altri "luoghi".













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