martedì 1 luglio 2014


Un giorno mi è capitato di prendere l'autobus alle 4.30 del mattino, per essere puntuale a Itauna, per un incontro in APAC, l'incontro era alle 8 del mattino. Quando si vive in un posto di periferia della periferia, come qui in Nova Contagem, le distanze bisogna ben programmarle. Si impiega un'ora per arrivare in Contagem (prima periferia), quasi due ore per arrivare in Belo Horizonte (quasi...dipende dal traffico, dal tipo di autobus...dalla fortuna) e per Itauna, bè...tra un cambio e l'altro, quasi 4 ore. Io ero convinta di non trovare nessuno a quell'ora, in realtà l'autobus delle 4.30 era pieno di gente che andava a lavorare.
Tutti raggomitolati nel sonno, chi in piedi o chi seduto, con gli occhi ancora chiusi e rivolti a Morfeo.
Ogni mattina l'autobus delle 4.30 è pieno, ogni mattina, ancora prima dell'alba, si esce di casa per raggiungere il posto di lavoro. Molti sono pedreiros (muratori), molte sono faxineiras (donne delle pulizie).
La grande distanza costringe a levatacce, ancora prima che il sole sorga, per una busta paga molto più leggera delle ore che si affrontano.
Ogni santo giorno è un viaggio, ogni santo e benedetto giorno ci si alza con ancora la luna nel cielo e si ritorna a casa con il sole che tramonta, così da segunda a sexta feira (da lunedì a venerdì) a volte anche di sabato, a volte anche di domenica.

....il mio incontro a Itauna, poi è saltato. Dopo essere arrivata puntuale, con 5 minuti di anticipo (7.55), mi son sentita dire: "Purtroppo è successo un imprevisto e il programma è saltato"....Nossa! ....mi son rivista in un colpo solo la luna, le stelle e tutto il firmamento in quelle ore buie di attesa tra un autobus e l'altro!
Visto la distanza e la mia voglia di non perdere un occasione come quella di stare in APAC, ho chiesto di fermarmi comunque e fare due chiacchere con i detenuti. Così è stato. Ho conosciuto R. nel regime chiuso (l'APAC è costituito da un regime chiuso, semi aperto e aperto a seconda della pena) mi ha raccontato un pò la sua storia, senza entrare molto nei dettagli, ma vivendo in un posto con tante storie che si assomigliano, i dettagli non sono difficili da immaginare, i dettagli si ascoltano e si vedono ogni giorno....si conoscono.
 R. ha iniziato a fare uso di droga a 9 anni. A quell'età è facile essere ingaggiati da trafficanti che in cambio di soldi e regali, ti usano per i loro scopi. Fanno gola quei regali, quando non riesci ad averli in casa, fanno gola quei cellulari, quelle scarpe da tennis firmate, quei soldi, dove ti puoi comprare di tutto, senza aspettare.
R. è passato da una sostanza all'altra, vendendo, comprando, fino a scendere in un punto di non ritorno...togliere la vita ad un'altra persona. Ora con i suoi 27 anni sta cercando di ricominciare da capo, sta cercando di riprendere il senso di quella vita così calpestata, umiliata, buttata nel baratro.
Sta ricominciando a vivere, portandosi dietro i pesi di quegli anni trascorsi nel buio.
Forte e intensa la sua testimonianza. Sì, ne è valsa la pena quell'alzata alle 3.45 del mattino, anche solo per quelle poche ore trascorse in APAC e conoscere R.
 Tutto profuma di senso quando è vissuto insieme all'Altro, con l'Altro e per l'Altro, anche se semplicemente ti siedi accanto a lui/lei e ascolti.
Ogni storia è una ricchezza, ogni storia va custodita come un gioiello prezioso, è la vita che parla, è la vita che racconta, attraverso le parole di uomini e donne che si incontrano nel proprio cammino.











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